Strage di Pizzolungo (Tp) 35 anni fa .
Ognuno di noi, di quelli che c’erano e all’epoca vivevano a Trapani ed in quelle zone, la ricorda come se fosse oggi.
Tutti ne siamo rimasti segnati, in un modo o nell’altro.
Ognuno di noi ne tiene ben vivo il ricordo attraverso la sua memoria, il suo vissuto di allora e attraverso ciò che si è sedimentato nel suo animo durante questi decenni .
Personalmente, oltre al dolore per le tre vite innocenti spezzate, ne conservo alcune immagini nitide ancora oggi, che mi fanno ancora riflettere.
Mi riferisco ad un servizio giornalistico del Tg2, mi pare, in cui all’indomani della efferata strage un inviato intervistava alcuni giovani trapanesi, raggiunti nei tradizionali luoghi di ritrovo dell’epoca .
Furono proposte tre interviste, mi pare, a tre gruppi diversi di giovani.
Tutte e tre dello stesso tenore :
strafottenza assoluta per ciò che era successo ; disinteresse assoluto, quasi ridicolizzando il truce fatto di cronaca, come a volere dire : abbiamo di meglio a cui pensare, lasciateci divertire in santa pace.
A parte l’immagine distorta che quel servizio televisivo diede della gioventù trapanese, quasi che tutti noi giovani di allora avessimo avuto la stessa, identica reazione alla strage, uguale a quella di quegli sciagurati intervistati dalla Rai Tv (ed ovviamente non era e non è tuttora così), ciò che mi colpi di più fu il modo di realizzare quel servizio televisivo .
In esso non vi è traccia di alcuna voce di protesta, di indignazione, di persone che andassero fuori da quel coro di incosciente ed indolente rifiuto della realtà .
Quasi che quel servizio televisivo avesse volutamente ignorato (o non cercato) i rappresentanti di quella Trapani silenziosa, ed erano tanti, che magari avrebbero volentieri, per senso e dovere civico, per intima convinzione soprattutto, testimoniato il loro sdegno, la loro indignazione e il loro senso di smarrimento di fronte all’ennesimo eccidio mafioso .
A questa maggioranza silenziosa non fu data voce in quel servizio .
E stento ancora oggi a darmi una spiegazione plausibile.
Potrei rincarare la dose, ricordando che quelle tre vite spezzate ancora oggi aspettano che sia fatta giustizia .
Ma ciò che in realtà spero è che quella maggioranza silenziosa, quei giovani di allora, adesso divenuti uomini e donne, padri e madri, cittadini e cittadine responsabili, conservino quel senso di indignazione, che allora scaturì in loro.
Cosi da insegnare ai propri figli lo stesso senso di responsabilità che allora fece loro dire di “no” alla ferocia mafiosa.
E che ognuno quotidianamente ricordi Barbara, Giuseppe e Salvatore Asta attraverso i propri comportamenti individuali, improntati al rispetto della vita umana e delle regole della civile convivenza e della legalità.
In silenzio, se anche si vuole .
Ma con i fatti . Giorno per giorno . . .