Audizione ieri pomeriggio, per il procuratore aggiunto di Trapani Maurizio Agnello – che attualmente dirige la Procura dopo il pensionamento nel 2019 di Alfredo Morvillo – davanti alla Commissione bicamerale “Ecomafie” che conduce inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali.
Agnello ha tracciato un quadro della situazione nel territorio di competenza della Procura di Trapani sulla base delle indagini condotte dal suo ufficio e ha parlato di “carenza strutturale di depuratori”: meno del 20 per cento degli impianti – ha detto – ha una “valida autorizzazione allo scarico dei liquami”.
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“Un territorio di grande valenza ambientale – ha sottolineato il procuratore – sfregiato però dall’incuria dell’uomo”. Il magistrato ha parlato di molti impianti di depurazione risultati privi di manutenzione sia per l’asserita mancanza di risorse da parte delle Amministrazioni locali, sia da parte delle ditte che si sono aggiudicate gli appalti, alcune delle quali finite sotto inchiesta per frode nelle pubbliche forniture.
E poi, ha riferito Agnello, “ci sono amministratori pubblici abituati a portare le carte in Procura, come spesso dicono, senza però denunciare fatti di reato. Questo – ha proseguito rispondendo ad una domanda di un componente della commissione d’inchiesta – blocca l’attività amministrativa perché così la pubblica amministrazione non attiva tutti i suoi poteri ispettivi, di controllo, disciplinari e anche di autotutela”.
Tra i depuratori che soffrono di una cronica mancanza di manutenzione c’è l’impianto consortile di Trapani che serve anche i comuni di Erice e Paceco e che è situato ai margini della Riserva naturale orientata delle Saline. Una scelta criticabile anche se avvenuta prima dell’istituzione dell’area protetta. Il procuratore Agnello ha fatto riferimento a diversi episodi, che hanno portato indagini tuttora in corso, per una serie di sversamenti di liquami in mare dovuti a malfunzionamenti: “L’impianto di sollevamento delle acque – ha evidenziato – che dovrebbe pompare le acque verso il depuratore si guasta, perché non è sottoposto ad adeguata manutenzione, e i liquami finiscono in una condotta di emergenza che sfocia nella zona balneare occupata da molti lidi. A Trapani manca un’anagrafe degli scarichi dei condomini – ha proseguito – c’è una commistione di acque bianche e nere e manca un pennello che porti al largo in mare questi liquami che oggi invece finiscono sulla spiaggia”.
Nelle isole Egadi non esisto un impianto di depurazione: “hanno un impianto di pre trattamento di queste acque – ha detto Agnello – che poi vengono sversate direttamente in mare e stiamo parlando del mare che appartiene alla Riserva marina delle Egadi. L’impianto è stato realizzato in violazione delle norme a protezione delle aree demaniali, sono in corso indagini a carico dell’ex sindaco Pagoto”. Sempre restando nelle Egadi il procuratore ha evidenziato l’anomalia, che è stata anche oggetto di indagini della Procura trapanese con l’operazione “Aegades”, della fornitura idrica garantita non da una condotta proveniente da Trapani ma con navi cisterna.
A Castellammare del Golfo non c’è depuratore perché il vecchio impianto non è stato mai completato e c’è una indagine che ha portato al sequestro dell’impianto, nel 2016, e sotto inchiesta il sindaco del tempo, Nicola Coppola, e un funzionario comunale, per cui le acque fognarie vengono sversate nella zona portuale, “Lo scorso 30 dicembre – ha riferito il procuratore Agnello – l’Arpa ci ha consegnato una relazione che prova un enorme danneggiamento e inquinamento delle acque portuali e ciò ha comportato l’applicazione di una sanzione pecuniaria all’attuale amministrazione comunale. Un aspetto critico riguarda i centri che durante l’estate aumentano notevolmente la presenza di residenti e dove però gli impianti di depurazione e fognario presenti risultano sottodimensionati “e soprattutto gestiti – ha evidenziato il magistrato – da ditte esterne che si rendono responsabili di illecito smaltimento dei fanghi provenienti dalla depurazione”. “In molti casi – ha proseguito – questi fanghi vengono sversati in mare, o anche in fiumi, laghi artificiali, o ancora nelle discariche o vengono portati in Calabria”.
Ad Alcamo, dove c’è “un depuratore sottodimensionato”, sono state avviate indagini a seguito l’esposto di un cittadino su “sversamenti in un torrente” e c’è anche un’indagine della Guardia di Finanza per inquinamento ambientale e frode nelle pubbliche forniture riguardante i tecnici dell’Associazione Temporanea di Imprese che gestisce il depuratore.
A Custonaci sono in corso indagini per i due depuratori sotto sequestro che riguardano sindaco e ditta incaricata della gestione degli impianti. “Anche in questo caso – ha detto Agnello – e stiamo parlando di un’altra zona a vocazione turistica, l’Arpa da una campionatura delle acque ha rilevato dati altamente fuori norma”.
Altre indagini in corso sono quelle per il depuratore della frazione ericina di Napola mentre è stato posto sotto sequestro, “ma con facoltà d’uso” il depuratore di San Vito Lo Capo: sotto inchiesta in questo caso un ex sindaco e funzionari tecnici. Indagine in corso anche per il depuratore di Valderice.
Tra le questioni sollevate dal magistrato davanti alla Commissione d’inchiesta anche l’aspetto riguardante l’amministrazione della giustizia in tema di reati ambientali: “Si tratta di reati che sono di competenza del giudice monocratico – ha spiegato Agnello – sono procedimenti che, in fase dibattimentale, finiscono per essere trattati da giudici onorari e vice procuratori onorari, come stabilisce la norma, ma si tratta di figure che non possono avere la preparazione giuridica a gestire questi processi che sono molto delicati e molto tecnici”. Necessario, quindi un intervento legislativo in merito.