C’è anche la Diga Rubino, nel Trapanese, tra le tre dighe della Sicilia che devono essere liberate dai sedimenti accumulatisi nel corso degli anni per ripristinarne la portata originaria e recuperare consistenti quantitativi d’acqua da destinare a fini potabili e irrigui.
Il segretario generale dell’Autorità di bacino della Regione, Leonardo Santoro, ha approvato il “Progetto di gestione dell’invaso” per realizzare le opere di sfangamento: oltre alla Rubino, che sbarra il torrente Cuddia nel Trapanese, saranno oggetto di interventi la diga della Poma, sul fiume Jato nel territorio di Partinico, in provincia di Palermo e la diga Castello che raccoglie le acque del fiume Magazzolo, nel territorio di Bivona, nell’Agrigentino.
In particolare, per la dighe Rubino e Castello, i gestori dovranno provvedere alla realizzazione di opere di dragaggio per liberare l’invaso da circa 15 mila metri cubi di sedimenti. Nella diga Poma, invece, dovranno esserne rimossi 25 mila.
Oltre a ripristinare la capacità originaria degli invasi, gli interventi serviranno anche a impedire il deterioramento della qualità delle acque e dei corpi idrici superficiali e sotterranei.
I gestori, tra l’altro, dovranno fornire annualmente all’Autorità di bacino i dati sui sedimenti asportati. Ogni tre anni, inoltre, sarà necessario eseguire indagini batimetriche per verificare il rispetto delle previsioni del progetto di gestione.
Interfaccia di questi interventi sarà il tavolo tecnico che raccoglie tutte le strutture regionali competenti e anche alcuni esperti che si occupano del Pnrr al quale si potrà attingere per finanziare gli interventi su alcune delle dighe.
Sarà l’Autorità di bacino ad approvare i successivi progetti che saranno via via presentati e in base ai quali potranno subito dopo cominciare i lavori di dragaggio. Sul materiale prelevato dal fondo delle dighe saranno effettuate analisi di caratterizzazione: in caso di esito positivo, potrebbe essere destinato agli agricoltori e utilizzato come fertilizzante naturale.