Sequestro di beni, per un valore di oltre 8 milioni di euro, ai danni del 58enne imprenditore marsalese Michele Angelo Licata e dei suoi familiari. Il provvedimento, emesso dal presidente del Tribunale di Marsala, Lorenzo Chiaramonte, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, è stato eseguito stamane dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Trapani.
Il sequestro, finalizzato alla confisca, è stato dispost dal Tribunale di Marsala contestualmente alla condanna inflitta a Licata, alla moglie, alle tre figlie e al genero lo scorso 18 marzo e costituisce l’epilogo di una lunga e articolata vicenda giudiziaria. Inizialmente il noto imprenditore marsalese era stato accusato di una serie di gravi e ripetute condotte di frode fiscale e di truffa aggravata per il conseguimento di finanziamenti comunitari emerse dalle indagini dei militari in forza al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Trapani.
In particolare i finanzieri, dopo aver svolto nel biennio 2014-15 numerose ed articolate ispezioni nei confronti delle società riconducibili a Licata e attive nel settore della ristorazione, del banqueting, dell’intrattenimento e turistico-alberghiero, erano giunti ad individuare e quantificare il vorticoso volume d’affari generato dalle fatture false che l’imprenditore, da anni, utilizzava nella propria attività, pari ad oltre 25 milioni di euro.
Gli accertamenti avevano, inoltre, consentito di qualificare l’evasione fiscale – relativa, in particolare alla ROOF GARDEN, alla RUBI e alla DELFINO S.r.l. – come finalizzata, oltre che all’abbattimento della base imponibile, alla artificiosa creazione dei presupposti per ottenere fondi europei stanziati per il comparto turistico-alberghiero.
Da ciò la successiva adozione, da parte dell’Autorità giudiziaria di Marsala, oltre che del provvedimento di sequestro preventivo delle aziende di Licata, anche della misura di prevenzione patrimoniale a suo carico come “soggetto fiscalmente pericoloso”.
L’esecuzione di entrambe le misure ablative nei confronti dell’imprenditore aveva rappresentato così un unicum a livello regionale siciliano, dimostrando l’efficacia degli strumenti di contrasto a comportamenti fraudolenti ripetuti e di così grave entità.
Le successive attività d’indagine, in parte delegate dall’Autorità Giudiziaria di Marsala alla locale Compagnia della Guardia di Finanza, hanno poi consentito di rilevare come Licata fosse anche riuscito a gestire in modo illecito i proventi dei reati contestatigli, con l’intento di sottrarsi, oltre che al pagamento di ulteriori imposte dovute, anche all’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale eseguita nei suoi confronti.
In particolare, soprattutto attraverso l’utilizzo di contanti e assegni circolari – nel corso di una sola perquisizione domiciliare i militari in forza al Nucleo ne sequestrarono per oltre un milione di euro – l’imprenditore marsalese era riuscito ad appropriarsi indebitamente degli utili prodotti dalle proprie imprese e a reimpiegarli, spesso servendosi di rapporti bancari intestati ai propri familiari, in una molteplicità di investimenti finanziari (prodotti e quote finanziarie).
L’analitica ricostruzione delle movimentazioni finanziarie ha consentito agli investigatori di rilevare l’entità delle somme riciclate e reimpiegate ad esclusivo vantaggio di Licata e dei suoi familiari, consentendo così alla Procura di chiederne e di ottenerne dal Tribunale di Marsala il sequestro preventivo, oggi eseguito dalle Fiamme Gialle trapanesi.