52° rapporto Censis 2018, capitolo “Comunicazione e Media”:
il 69,7% degli italiani considerano la radio il medium più affidabile in fatto d’informazione. Segue la tv tradizionale, crollano Facebook e social in generale…
Avevo dieci anni, quando arrivai in Sicilia, a Trapani nel 1972, ed ignoravo che mio padre Orazio, nel 1951 a Maddaloni rischiò la galera.
Lui, con la sua R.C.O. in onde medie, fu uno dei primi pionieri dell’etere a violare il monopolio di Stato sulle radiodiffusioni.
Nella sua radio “libera” fatta da un trasmettitore autocostruito, un microfono da radioamatore, un grammofono e tanta fantasia, si alternarono centinaia di paesani: studenti liceali, professori, la banda musicale, le maestre elementari con le recite dei bambini, il parroco ed il dottore con i loro consigli per vivere meglio.
In quasi un anno d’attività quella radio “pirata” portò una ventata d’allegria fatta in casa, in una comunità che, dopo la guerra, cercava di tornare a vivere.
Un giorno però, il maresciallo dei Carabinieri si recò a casa della maestra (mia nonna) non per recitare, com’era abituato a fare, le sue poesie alla radio, ma per avvisare lo studente geniale che aveva costruito la “radio d’o’ paìse”, che era meglio spegnere e fare sparire tutto. Da Roma stavano arrivando i tecnici della Rai e della Polizia Postale per individuare la fonte del segnale abusivo captato dai loro strumenti nel casertano.
Mio padre non fu arrestato, continuò però, a coltivare la sua passione per la radio, diventando Ufficiale dell’Aeronautica Militare. Si specializzò in telecomunicazioni
e dopo aver girato l’Italia e l’Europa per montare impianti ed istruire operatori, fu mandato a Trapani per installare il radar.
In quell’aeroporto militare nel ’72, a bordo pista pascolavano le pecore. Oggi Trapani-Birgi è base del 37° Stormo ed è stato il fulcro operativo della Nato durante la guerra in Libia del 2011.
Su un binario parallelo, la locomotiva del tempo condusse me e i miei fratelli, cresciuti tra valvole e transistor, a consolidare la passione di famiglia per la radio in un’autentica avventura. Gli echi del “boom delle radio libere” erano arrivati anche sul 38° parallelo, in quella Sicilia del West baciata dal sole e accarezzata dal mare dove, se a quei tempi non ti facevi bastare la natura del luogo, iniziavano i problemi.
Noi fratelli però, avevamo il “privilegio” di poter crescere in questa bellissima terra senza preconcetti culturali e senza radici. Con le nostre idee ed il nostro entusiasmo offrimmo, di fatto, a tanti coetanei qualcosa di nuovo in cui credere. Era la libertà di far sentire la propria voce a chi era stato educato a non parlare.
Era l’opportunità d’affermarci seguendo le nostre passioni: musica, elettronica, meccanica, recitazione, sport, giornalismo… La chiamammo Radio Hobby.
Dopo quasi un anno di sperimentazione casalinga in un garage, il 12 marzo 1977 registrammo al Tribunale di Trapani il “giornale radiodiffuso” Radio Tele Hobby. Una testata sostenuta dall’omonima associazione culturale che, in più di un decennio riuscì a coinvolgere quasi un migliaio di soci, tra studenti e giovani d’ogni estrazione sociale. Nei primi anni la “radio in jeans” trasmetteva solo dal pomeriggio in poi, perché la mattina eravamo tutti a scuola.
Passavamo il tempo a sperimentare, costruire, modificare, riparare, scrivere ed inventare. C’erano i “provini” di dizione su un magnetofono a bobina Geloso coi pulsanti colorati; le pile di dischi a 45 giri da noi chiamate “scalette musicali”; le notizie ritagliate con le forbici dai giornali…
L’obiettivo era crescere divertendoci, confrontandoci tra noi e con la gente, la stessa che, con gran curiosità ascoltava alla radio quelle ragazze e quei ragazzi che avevano qualcosa di nuovo e di diverso da dire.
Dietro quelle voci che si sforzavano di mascherare le inflessioni dialettali, molti genitori intravidero per i loro figli la speranza di un futuro alternativo fatto in casa anziché in terra forestiera.
Anche noi fratelli ci specializzammo seguendo le proprie passioni:
Michele, il grande, ora è il responsabile di tutti gli impianti in alta frequenza, antenne, ripetitori, postazioni…
Bruno, il piccolo, ingegnere elettronico è il direttore commerciale di tutta l’azienda e si occupa anche d’automazioni.
C’è poi il più giovane dei quattro fratelli, Giovanni, un genio dell’informatica che, mentre si laureava col massimo dei voti alla Normale di Pisa, realizzava i programmi di gestione, musicale, commerciale e di redazione che, tuttora rappresentano il “cervello” della nostra attività.
Infine ci sono io: la “voce”, l’intrattenitore, l’artista della comunicazione, il creativo, insomma il giornalista. Sempre in prima linea, microfono in mano, a raccontare e far raccontare la vita in diretta, a realizzare interviste alla gente comune come ai personaggi importanti, ponendo domande invece che, fornendo risposte.
Ho sempre considerato molto più importante saper ascoltare che saper parlare, anche se, raccontare è la mia vocazione naturale!
Alla radio ho raccontato “on the road” i miei lunghi viaggi in motocicletta per l’Italia e per l’Europa.
Ho raccontato epiche vittorie della Pallacanestro Trapani, cenerentola di uno storico campionato di Serie A1 insieme con Benetton TV, Philips MI, Scavolini PS, Phonola CE e Messaggero Roma.
Ho raccontato l’escalation del Trapani Calcio dai polverosi campi dell’Eccellenza alla serie B, fino alla storica finale Play Off per salire in serie A.
Ho raccontato alla radio, incontrando le ultime star viventi, anche la mia passione per il blues.
Con la stessa passione, ancora oggi continuo a raccontare i fatti di cronaca e costume in questa terra di confine dove tutt’attorno è mare. Un mare tanto generoso d’accoglienza.
Una terra ancora avara, purtroppo, per i giovani che da essa continuano a fuggire in cerca di lavoro.
Il mio lavoro è la radio, e grazie al cielo, lo è diventato per molti giovani, ora giornalisti, con cui, in più di quarant’anni, ho condiviso il mio “affidabile” hobby.