Dopo il grande successo della prima puntata, Makari si prepara a replicare con il suo nuovo episodio che sarà principalmente ambientato nel borgo di Erice. L’episodio è basato dal racconto omonimo di Gaetano Savatteri edito da Sellerio Editore.
Suleima è tornata in Sicilia, ma le cose fra lei e Saverio non sembrano migliorare. E non si tratta solo del fatto che lì si è trasferito anche Teodoro, per dirigere l’innovativo progetto de La Città del Sole. Suleima sembra più lontana di prima, sempre più presa dalla sua nuova vita e dalla comunità che si è raccolta attorno a La Città del Sole. Il fatto è che Suleima sta crescendo, sta cambiando e Saverio ha paura che tutto questo la allontanerà irrimediabilmente da lui. Anche per distogliersi da queste angustie, Saverio accetta l’offerta di un vecchio amico, Franco Pitrone, che lo invita a un convegno della Onestà e Giustizia, un’importante associazione contro la criminalità organizzata. Saverio vi si reca (ovviamente con Piccionello) e viene investito da una sorta di canto delle sirene: ritrova il suo vecchio mondo, il giornalismo (tanti colleghi, vecchi amici), che aveva deciso di buttarsi alle spalle e che invece si riaffaccia nella sua vita come la possibilità di un nuovo inizio, una tentazione che pare poterlo strappare via da Màkari. Tentazione non solo professionale, perché al convegno Saverio conosce una donna, Angela. Ma al convegno viene assassinato Simone Triassi, illustre giornalista e scrittore. Saverio dovrà risolvere l’enigma della sua morte e soprattutto nel corso di questa nuova indagine dovrà scoprire se lui e Suleima saranno in grado di superare la loro crisi.
Riguardo questa seconda, il regista Michele Soavi ha scritto: “Non invidio a Dio il Paradiso perché sono ben soddisfatto di vivere in Sicilia”.
Aveva scritto così Federico II di Svevia su questa terra meravigliosa ricca di colori, profumi e luci uniche e inaudite. Così è stato anche il paradiso per un regista, trovarsi a girare e fotografare una serie interamente ambientata nell’Isola delle Meraviglie. È stato impossibile non cedere al “mal di Sicilia” perché dopo poche settimane questi posti e questa gente ti rapiscono e ti fanno prigioniero proprio come il protagonista Saverio Lamanna che, grazie al totale fallimento della sua carriera da colletto bianco al Ministero dell’Interno a Roma, con il suo ritorno alle origini, scopre una vera e propria rinascita interiore.
Ho cercato di miscelare più generi: oltre al “giallo” si passa dal sentimentale alla commedia, dal mélo al dramma con punte di grottesco creato dalle situazioni dei personaggi che colorano le storie. Il nostro protagonista è come un naufrago sballottato dalle onde degli avvenimenti che lo scuotono e gli fanno prendere coscienza di quanto fosse inutile il suo vissuto precedente.
Una nuova consapevolezza per Saverio Lamanna alla scoperta dei veri valori ma soprattutto di quello primario, forse il più importante di tutti: l’amicizia.
Su questo tema una frase di Andrea Camilleri recita così: “Tra Siciliani un vero amico non deve chiedere all’altro una qualche cosa, perché non c’è bisogno, in quanto sarà preceduto dall’offerta dell’amico che ha intuito la domanda che gli sarebbe arrivata”.
Credo che questa serie abbia una sua originalità in quanto pur ambientata nella “terra dei limoni” non racconta storie di mafia. Anzi, a volte la mafia viene usata come copertura per interessi personali miserabili, messi in atto da personaggi meschini. Un pregio dei contenuti delle storie è quello di raccontare le miserie dell’animo umano