Legambiente Sicilia ha presentato una memoria al Consiglio dei Ministri ed alla Commissione Europea per chiedere l’impugnativa dell’articolo 2 della legge regionale n. 32 approvata dall’ARS il 16 dicembre 2020 con cui si prevede di rilasciare nuove concessioni demaniali marittime nelle more di approvazione dei Piani di Utilizzo del Demanio Marittimo (PUDM) da parte della Regione ed invece dando valenza alle semplici proposte di piano presentate dai comuni ancora non approvate e non valutate positivamente a fini ambientali (VAS-Valutazione Ambientale Strategica e VINCA-Valutazione di Incidenza Ambientale) o paesaggistici (conformità al Piano Paesaggistico ed alle disposizioni di tutela di cui al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).
Si rischiano così gravi alterazioni ambientali in quanto i piani proposti dai comuni ed ancora non approvati definitivamente dalla Regione possono contenere previsioni in contrasto con le norme di tutela ed essere profondamente modificati nella fase successiva di approvazione, ma nel frattempo tali previsioni sarebbero state realizzate con le concessioni rilasciate con la recente norma regionale che si contesta.
Legambiente chiede la moratoria delle nuove concessioni demaniali marittime in assenza dei Piani ed inoltre il commissariamento di tutti i comuni costieri che non hanno ancora adottato i PUDM che si sarebbero dovuti redigere da oltre 15 anni ai sensi della legge regionale 15 del 2005.
Legambiente ricorda inoltre che la Commissione Europea ha nuovamente inviato il 3 dicembre 2020 una lettera di messa in mora al Governo italiano per la violazione della direttiva Bolkestein che impone le gare pubbliche per l’assegnazione delle concessioni demaniali marittime, come più volte sancito dal Consiglio di Stato, dai TAR e dalla Cassazione Penale che hanno ribadito l’obbligo per le regioni ed i comuni di disapplicare le leggi nazionali e regionali che violano il diritto comunitario.
Legambiente ricorda che i litorali sono dei delicati ecosistemi naturali e non il semplice substrato fisico su cui realizzare strutture di ogni tipo e che le spiagge vanno considerate come beni comuni, da gestire in modo ambientalmente sostenibile e da tutelare nell’interesse di tutta la collettività, sottraendole alle forme di aggressione di cui sono un esempio centinaia strutture balneari private.