Nessun segno di malore nè di assunzione di alcol o altro tipo di sostanze che potrebbero averne alterato la capacità di guida. Questo l’esito dell’esame autoptico eseguito sul corpo del 33enne Nicolò Giacalone, morto in un incidente sul lavoro, lo scorso 20 luglio, a Custonaci. L’uomo, dipendente di una segheria, procedeva in discesa con un mezzo pesante sulla via Ragusa quando, per cause che restano da accertare, è andato a impattare contro il guardrail, che ha ceduto, facendo un salto di circa 3,5 metri in un terreno sottostante.
Dai primi rilievi effettuati non erano stati riscontrati segni di frenata sull’asfalto e questo potrebbe far ipotizzare proprio un guasto al sistema frenante del mezzo, dato che l’autopsia ha escluso cause legate allo stato fisico del conducente. Il corpo dell’uomo, ormai esanime, era stato recuperato dall’interno dell’abitacolo.
A rendere noto l’esito dell’esame è l’avvocato Natale Pietrafitta, legale della famiglia della vittima che commenta: “Lo scorso 25 luglio si sono svolti gli accertamenti autoptici e altri accertamenti sono previsti a breve: primo fra tutti, quello tecnico per verificare le condizioni della gru e valutare se fosse perfettamente funzionante al momento in cui veniva condotta su strada. Quel mezzo non avrebbe potuto circolare sulla via pubblica ma poteva essere utilizzato solo all’interno dell’area aziendale”.
“C’è, quindi, da chiedersi – prosegue il legale – come mai Giacalone sia stato incaricato di salirvi a bordo. V’è un dato, quella stessa mattina, proprio il titolare della Sud Marmi avrebbe dovuto piantumare degli alberi presso la propria abitazione: resta, quindi, il dubbio che a ciò servisse proprio quella gru”. L’avvocato Pietrafitta, inoltre, si dice “sgomento per l’atteggiamento dell’azienda che ha affermato di avere subito ‘ingenti danni sotto molteplici profili’ in conseguenza del tragico evento nel quale ha perso la vita il trentatreenne. In uno scambio epistolare con il loro avvocato – prosegue il legale della famiglia della vittima – quest’ultimo ha rimarcato l’asserito patimento di ingenti danni da parte dell’azienda, affermando che ogni responsabilità fosse da ascrivere esclusivamente al dipendente. Questi atteggiamenti non rendono giustizia ad un giovane che, invece, per quella azienda ha perso la propria vita”.