di Nicola Rinaudo
Oggi, che il Trapani non c’è più, il ricordo di Aristide Zucchinali, a tre anni dalla sua scomparsa, diventa ancora più struggente e, al tempo stesso, più vivo.
Non ringrazieremo mai abbastanza chi (il nostro, il vostro, Franco Auci, ndr) questa storia d’amore, lunga ormai più di 60 anni, è riuscito, con impareggiabile maestria, fin dal principio, ad eternarla. Ha attraversato epoche e generazioni diverse tra loro; ha assorbito con disinvoltura i repentini e, in alcuni casi, devastanti trasformismi di una società sempre più senza identità. Ha resistito a tutte le tempeste. Ed eccola lì. Ancora lì. Intatta. Nella sua semplicità e autenticità. Esempio buono per tutti: grandi e piccini. Densa di significati, ben oltre quelli sportivi. Essa, come in una fiaba, ci narra di una travolgente e tenera storia d’amore, nata per caso, tra un giovane valligiano bergamasco e l’arida città del sale. Una favola in cui, a farla da padrone, sono il rispetto, l’amore e la passione. Dove quel ragazzo mingherlino, figlio di contadini, che giocava con la maglia n. 11, veloce come il vento, ci mette un lampo a diventare idolo e mito dei trapanesi e, ancora meno, dopo aver stracciato un contratto che lo avrebbe legato, in serie A, alla Spal, pur di non tradire il suo grande amore, ad entrare nella leggenda.
Ecco perché questa città, deve ancora saldare il suo debito, quantomeno di riconoscenza, nei confronti di un signore che ha amato il Trapani e i trapanesi come pochi. Ecco perché l’idea d’intitolargli un settore (la tribuna, ndr.) dello stadio Provinciale, appare tutt’altro che blasfema. Ma di fronte a tale richiesta si è alzato il rinomato muro di gomma che, da sempre, alberga in questo capoluogo. Classe dirigente e attori istituzionali (in rappresentanza dell’ex provincia regionale e della prefettura), hanno fatto a gara per trasformare un atto di sconcertante semplicità in un affare tremendamente complicato; trincerandosi dietro articoli di legge, commi, paragrafi. Che tristezza!
Allora, in attesa di far breccia nel muro della vergogna, ecco un’altra proposta. Destinatario, stavolta, il sindaco del capoluogo. Perché non insignire della cittadinanza onoraria, seppur postuma, Aristide Zucchinali? Sarebbe il giusto omaggio allo sportivo e all’uomo; un segno (dovuto) di gratitudine per le sue gesta ma, soprattutto, per i grandi valori che ci ha lasciato in eredità.
Forse, si può fare. Anche perché, in tema d’esercizio della memoria, il primo cittadino pare abbia una discreta sensibilità. E poi, non scordiamocelo che, ai tempi della coppa America, si certificavano onorificenze del genere per molto meno. Vedremo.
L’unica cosa certa è che oggi (per fortuna) possiamo celebrare una storia pura; che abbraccia uomini e cose di ieri, di oggi e di domani. Una storia straordinariamente commovente, in grado di generare intensi e profondi brividi in parecchi di noi. Capace, forse, di far resuscitare anche l’anima di una città morta, come questa.