Ergastolo con isolamento diurno per la durata di 18 mesi, questa l’entità della condanna chiesta oggi dalla pm Maria Milia alla Corte d’Assise di Trapani, presieduta da Daniela Troja, nei confronti di Margareta Buffa, accusata di avere ucciso – insieme a Carmelo Bonetta – la 25enne marsalese Nicoletta Indelicato.
Il corpo della giovane, parzialmente bruciato, fu trovato nel marzo 2019 nelle campagne di contrada Sant’Onofrio a Marsala. Per l’omicidio è stato già condannato in primo grado a 30 anni, perché giudicato con il rito abbreviato, Carmelo Bonetta che confessò il delitto, consentendo anche ai Carabinieri di ritrovare il corpo della ragazza.
Margareta Buffa, che ha assistito all’udienza in videoconferenza dal carcere di Agrigento dove si trova reclusa, è accusata di omicidio premeditato. Un delitto efferato – lo ha definito la pm – frutto dell’astio, del rancore, dell’invidia che l’imputata avrebbe nutrito nei confronti dell’amica Nicoletta e suffragato dalle frequenti liti, dai danneggiamenti, da un esercizio costante di potere nei confronti della giovane, dalla volontà di screditarla agli occhi degli altri.
Motivi, ha proseguito Milia, non recenti ma sedimentatisi nel tempo, assolutamente sproporzionati rispetto al gesto, motivi “bassi, deprecabili”. Secondo l’accusa Buffa ha messo in atto, sia nella fase delle indagini sia in quella processuale, continui tentativi di depistaggio, attuando una “pervicace opera di inquinamento delle prove“, fornendo dichiarazioni inverosimili, fuorvianti, cercando di addossare la responsabilità del delitto al complice, oltre che non mostrando mai alcun segno di resipiscenza. Anche le modalità del delitto indicano, secondo l’accusa, la volontà di Buffa di “annullare Nicoletta”: tra queste la circostanza che, dopo le 12 coltellate (Bonetta ha dichiarato di aver inferto solo le prime tre) ad essere bruciata è stata soprattutto la parte superiore del corpo della ragazza.
E se Bonetta è stato condannato a 30 anni – ha detto la pm – la condanna per Margareta Buffa deve essere certamente superiore perché è lei che ha determinato l’omicidio. Quindi ergastolo – massima pena prevista dal nostro ordinamento – nessuna attenuante generica riconosciuta e l’isolamento diurno nei primi due anni di reclusione.
La sostituta procuratrice ha esordito nella sua requisitoria depositando la sentenza di condanna di Bonetta e ha poi ripercorso le circostanze che hanno condotto all’omicidio. Per l’accusa è emersa chiaramente, nel processo, la sudditanza psicologica di Carmelo Bonetta nei confronti di Margareta Buffa e sarebbe credibile il racconto dell’uomo quando riferisce che è stata lei a chiedergli di uccidere Nicoletta, a procurare l’arma – un coltello proveniente dalla sua abitazione – a scegliere il luogo nelle campagne marsalesi (ben conosciuto da entrambi perché vi si appartavano in intimità e vi consumavano, anche, “sacrifici” di gatti e altri strani “riti”, come bruciare le foto di persone invise a Margareta), ad indicargli di procurarsi la benzina per bruciare il corpo e anche cosa rispondere quando venivano sentiti nelle prime fasi delle indagini.
La pm ha sottolineato come il racconto dei fatti fornito da Bonetta abbia ottenuto una serie di riscontri sia testimoniali sia da immagini acquisite da impianti di videosorveglianza sia dall’esame dei tabulati telefonici mentre le dichiarazioni di Buffa siano state diverse, fantasiose contraddittorie. Bonetta – ha ricordato – ha confessato l’omicidio quando ancora si cercava Nicoletta, ritenuta scomparsa, ha consentito il ritrovamento del corpo e, da subito, ha raccontato che l’idea di ucciderla era stata di Margareta mentre quest’ultima prima tentò di sostenere la sua estraneità, poi fu costretta ad ammettere che era presente sul luogo ma affermò di essere stata colta di sorpresa dall’azione dell’amico. Secondo la sostituta procuratrice Milia quello fornito da Buffa “non è un alibi fallito ma un alibi costruito, falso e – secondo la giurisprudenza – ciò costituisce un indizio a carico dell’accusato”.
Il rapporto di forza tra Margareta e Carmelo, con quest’ultimo in una posizione di passività e di dipendenza dalle indicazioni della donna, emergerebbe dai messaggi tra di loro, dalla testimonianza della stessa madre di Bonetta e da quella di tutte le persone che li conoscevano e che parlano di Buffa come di una persona manipolatrice e bugiarda: un quadro incompatibile con l’immagine che lei ha voluto fornire di se stessa, quella di vittima dell’iniziativa autonoma e inaspettata dell’uomo. Anche le recenti lettere che Bonetta ha inviato dal carcere a Margareta e prodotte dall’avvocata dell’imputata, piuttosto che scagionare la donna mostrerebbero, secondo l’accusa, il perdurante, attuale stato di soggezione di Bonetta. Milia li ha definiti “dialoghi preoccupanti”: l’uomo scrive “senza di te sono solo, non mi abbandonare, io ti amo e te l’ho già dimostrato. Voglio fare capire al pm che tu non c’entri niente” con l’uccisione di Nicoletta.
Sulle cause che hanno condotto all’omicidio sono state diverse le motivazioni che, in maniera più o meno confusa e coerente, i due imputati hanno fornito: si è parlato di un giro di prostituzione, ma la pm ha ricordato come non siano emersi elementi certi di prova, si è detto di rivelazioni che Nicoletta avrebbe fatto su fatti compromettenti riguardanti altre persone che avrebbe appreso, si è parlato, ancora, di richieste di denaro per una fantomatica pratica da avviare per conoscere le proprie origini [ndr la giovane era stata adottata in Romania, come l’imputata] ma, ha concluso la sostituta procuratrice, quello che emerge chiaramente è, invece, il rancore, la rabbia, l’invidia e la gelosia che Margareta Buffa nutriva nei confronti di una ragazza che, invece, “avrebbe fatto di tutto per lei” e che, quella sera, l’ha seguita ignara verso la sua terribile fine.
Il processo proseguirà con l’udienza prevista per il prossimo 1 febbraio quando la parola passerà alla difesa dell’imputata, l’avvocata Ornella Cialona, e all’avvocato Giacomo Frazzitta che rappresenta la famiglia Indelicato.