Ci sono anche due siti nella provincia di Trapani tra le 67 le aree candidate ad ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi indicate nella Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi), pubblica oggi.
Il documento, elaborato dalla Società gestione impianti nucleari (Sogin), individua le zone dove realizzare in Italia il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico. La Carta, elaborata in base ai criteri previsti dall’Ispra nella Guida tecnica n.29, oltre che in base ai requisiti indicati nelle linee-guida dell’International Atomic Energy Agency (Iaea), individua 67 aree idonee per l’infrastruttura che, da cronoprogramma, dovrebbe funzionare a partire dal 2025.
La Carta, tenuta segretissima fin dal 2015, con minaccia di sanzioni penali per chi ne rivelasse dettagli, è stata adesso pubblicata sul sito www.depositonazionale.it. Sono sette le Regioni in cui sono state individuate le aree potenzialmente idonee alla costruzione del deposito nucleare nazionale. Oltre alla Sicilia, il Piemonte, la Toscana, il Lazio, la Puglia, la Basilicata e la Sardegna.
Le aree individuate sono contraddistinte da colori e si va dal verde smeraldo (punteggio più alto), al verde pisello (buono), al celeste (isole) fino al giallo (zone possibili ma meno adeguate). Tra tutte queste sarà scelto il luogo in cui costruire, con un investimento di 1,5 miliardi, il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, rifiuti che già oggi sono distribuiti, dal Piemonte alla Sicilia, in una ventina di depositi locali.
Nella mappa sono 23 le zone con le “candidature” più solide e vanno dal Piemonte alla Puglia. Hanno, invece, una votazione molto bassa quattro zone della Sicilia, in provincia di Caltanissetta, Trapani e Palermo. Nel nostro territorio si tratta di due siti, uno nelle vicinanze della frazione trapanese di Fulgatore e un altro nel territorio di Calatafimi Segesta.
I luoghi potenzialmente idonei sono stati scelti in base ai criteri, individuati nel 2014 dall’Ispra: aree poco abitate, con una sismicità modesta, senza vulcani né rischi di frane e alluvioni. Non a quote troppo elevate (non oltre i 700 metri sul livello del mare), non su pendenze eccessive, non troppo vicine al mare, non molto vicine a autostrade e ferrovie ma abbastanza vicine ad autostrade e ferrovie per poter essere raggiunte comodamente dai carichi di materiale da conservare.
Nei giorni scorsi era arrivato il nulla osta alla pubblicazione da parte dei Ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente ed ora si apre una fase di consultazione pubblica, in cui le Regioni, gli Enti locali e tutti i soggetti portatori di interesse qualificati possono formulare osservazioni e proposte tecniche. La fase di consultazione pubblica e di condivisione durerà 4 mesi e culminerà in un Seminario nazionale dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti ed interessati.
Il via libera alla pubblicazione della Cnapi è stato molto atteso: doveva arrivare entro il 20 agosto 2015 ma la richiesta da parte dei Ministeri competenti a Sogin e Ispra di alcuni accertamenti tecnici ha fatto slittare più volte la data. A dilatare ulteriormente i tempi hanno pesato anche gli impegni elettorali e politici: dalle regionali del 2015 al referendum costituzionale del 2016 fino ad arrivare alle elezioni del 2018 e al cambio di governo con il Conte 2. L’arrivo della pandemia ha poi fatto il resto ma non era più possibile rinviare, considerando anche che l’Unione Europea ad ottobre dell’anno scorso ha aperto contro l’Italia una procedura d’infrazione.
Il Deposito nazionale è un’infrastruttura di superficie dove collocare in sicurezza i rifiuti radioattivi e la sua realizzazione consentirà di completare la dismissione delle centrali nucleari italiane e di gestire i rifiuti radioattivi che si producono ogni giorno: reagenti farmaceutici, mezzi radiodiagnostici degli ospedali e terapie nucleari, radiografie industriali, guanti e tute dei tecnici ospedalieri, controlli micrometrici di spessore delle laminazioni siderurgiche, il torio luminescente dei vecchi quadranti degli orologi.
La superficie del Deposito nazionale sarà di 110 ettari. Avrà tre barriere protettive e sarà poi ricoperto da una collina artificiale, una quarta barriera, e da un manto erboso per garantire l’isolamento dei rifiuti radioattivi per più di 300 anni, ovvero fino al loro decadimento a livelli tali da non essere più nocivi per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Si tratterà di 78mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media attività: 50mila dallo smantellamento degli impianti nucleari italiani (ancora quasi tutto da fare, si parla del 2036) e 28mila dalla ricerca, medicina nucleare e industria. Circa 33mila sono già stati prodotti, gli altri 50mila sono previsti per il futuro
Il progetto prevede, Insieme al Deposito nazionale, la realizzazione del Parco Tecnologico: un centro di ricerca, aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato. La struttura va realizzata perché l’Unione Europea (articolo 4 della Direttiva 2011/70) prevede che la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi avvenga nello Stato membro in cui sono stati generati. La maggior parte dei Paesi europei si è dotata o si sta dotando di depositi per mettere in sicurezza i propri rifiuti radioattivi a bassa e media attività.
Per sistemare definitivamente i rifiuti ad alta attività, alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno la possibilità di studiare la localizzazione di un deposito profondo comune in Europa per fruire dei potenziali vantaggi di una soluzione ottimizzata in termini di quantità di rifiuti, costi e tempi di realizzazione, così come prospettato dalla Direttiva Euratom 2011/70.