La Direzione Investigativa Antimafia, articolazione del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, ha eseguito un decreto di confisca, emesso su proposta della Procura della Repubblica di Palermo, dell’ingente patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, dell’83enne Gianfranco Becchina, noto commerciante internazionale di opere d’arte e reperti di valore storico–archeologico, accusato di legami con le cosche mafiose, in particolare della provincia di Trapani.
Il provvedimento della Sezione Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani accoglie la ricostruzione della formazione illecita del suo intero patrimonio e consolida il sequestro avvenuto nel 2017, nell’ambito dell’operazione “Efebo”, aggredendo beni per un valore di oltre 10 milioni di euro. L’uomo – in passato – è stato titolare anche di imprese operanti in Sicilia in diversificati settori commerciali come la vendita di cemento, la produzione e distribuzione di generi alimentari e di olio d’oliva. Emigrato da Castelvetrano in Svizzera, dagli anni Novanta era tornato stabilmente nella cittadina natia.
Secondo le indagini condotte dalla Direzione Investigativa Antimafia, con il coordinamento della Procura di Palermo, Becchina, per oltre trent’anni, avrebbe accumulato ricchezze con il ricavato del traffico internazionale di reperti, molti dei quali trafugati clandestinamente dal sito archeologico di Selinunte da tombaroli verosimilmente al servizio di Cosa nostra.
Emblematico è risultato il ruolo del mercante d’arte nella custodia di migliaia di reperti archeologici risultati provenienti da furti, scavi clandestini e depredazioni di siti, custoditi in cinque magazzini individuati, a seguito di una rogatoria internazionale, a Basilea, in Svizzera, dove fu trovato anche un archivio con più di tredicimila documenti (fatture, lettere indirizzate agli acquirenti, immagini fotografiche di reperti, etc.) relativi all’attività di commercio di opere d’arte e reperti. Becchina fu sottoposto a fermo e, in seguito, a misura cautelare custodiale, ma non riportò alcuna condanna perché nel frattempo i reati contestati si erano estinti per sopravvenuta prescrizione.
Nello specifico, il decreto di confisca riguarda due compendi aziendali, 38 fabbricati, quattro automezzi, 24 terreni, svariati appartamenti e uffici, molti dei quali siti nel settecentesco Palazzo dei Principi Tagliavia-Aragona-Pignatelli a Castelvetrano. GUARDA VIDEO