A cura di Diletta Cultrera
IL FILM DI OGGI: “Cry Macho” di Clint Eastwood. L’eroe, alla fine dei suoi giorni, tenta un’ultima (?) impresa eroica.
Il western è sempre l’occasione di Eastwood per raccontare l’America ai confini: la periferia, il sobborgo, la prateria. Anche stavolta, come in “Gran Torino”, l’eroe tenta il salvataggio della nuova generazione, rappresentata da un ragazzo messicano abbandonato a se stesso.
Alla fine però non opta per il sacrificio estremo di se stesso come in “Gran Torino” o in “Un mondo perfetto”, ma decide allo stesso tempo di salvare e salvarsi. Il ritorno a casa è in realtà una fuga verso una nuova casa, un mondo matriarcale e positivo in cui la femminilità forte e autonoma e la Natura confliggono con le leggi violente della mascolinità.
Il ragazzo non fugge con lui ma viene restituito al mondo del padre, un mondo tutt’altro che perfetto, corrotto, vigliacco, ma che costituisce un’alternativa preferibile al mondo anaffettivo e violento governato dalla madre. Qual è, dunque, il regalo dell’eroe alla nuova generazione? La consapevolezza che non esistono opposizioni manichee tra Bene e Male, ma realtà complesse in cui luci e ombre convivono.
Risiede in questa scelta il filo di continuità con tutta l’opera precedente di Eastwood che, pur proponendo un eroe arrugginito e sul viale del tramonto (in un rimando metatestuale forse identitario), riesce ancora una volta a regalarci delle riflessioni lucide e coerenti. Nonostante i dialoghi siano a volte didascalici e poco efficaci vale ancora la pena posare lo sguardo su quell’America ancestrale, ai confini tra l’epopea western e il realismo, in cui si muove il nostro cowboy, consapevole del fatto che non tutto, nel mondo reale, può essere sistemato dall’eroe a cavallo e che “contro la vecchiaia non ho rimedi”.