Il gup di Palermo ha condannato, complessivamente, a 70 anni di reclusione otto degli undici imputati nel processo, svoltosi con il rito abbreviato, a presunti esponenti della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo scaturito dall’operazione “Cutrara” dei Carabinieri del Comando provinciale di Trapani.
Assolto “perché il fatto non sussiste” invece, il sindaco Nicolò Rizzo, accusato di favoreggiamento aggravato, aveva incontrato il boss Francesco Domingo. Assoluzione anche per l’avvocato Francesco Di Bono e per Calogero Valenti.
In un primo momento l’accusa formulata dai pm della Procura di Palermo nei confronti del primo cittadino di Castellammare del Golfo era stata quella di concorso esterno in associazione mafiosa ma successivamente era stata rimodulata in quella di favoreggiamento aggravato dall’aver agevolato Cosa Nostra. La Procura aveva chiesto la sua condanna a due anni di reclusione. Francesco Di Bono era accusato di estorsione con l’aggravante del favoreggiamento a Cosa Nostra.
Condannato a 12 anni di reclusione Camillo Domingo, a 4 anni Diego Angileri; 10 e 8 mesi sono stati inflitti a Daniele La Sala, 14 anni e 8 mesi a Salvatore Mercadante, 8 anni e 6 mesi a Antonino Sabella, 10 e 8 mesi a Francesco Stabile, 4 anni e 6 mesi a Francesco Virga e 4 anni e sei mesi a Gaspare Maurizio.
Agli imputati i pm, coordinati dall’aggiunto Paolo Guido, contestavano, a vario titolo, l’associazione mafiosa, il favoreggiamento, l’estorsione e il concorso in associazione mafiosa. L’indagine fu avviata dopo la scarcerazione del boss mafioso Francesco Domingo, detto “Tempesta” – processato separatamente – e ha ricostruito l’organigramma della “famiglia” ancora retta da Domingo, che, secondo gli inquirenti, non avrebbe mai lasciato il comando nonostante fosse detenuto.
Il clan controllava le attività economiche, in particolare dei settori agricolo ed edilizio. Attraverso minacce e intimidazioni i boss sarebbero riusciti ad aggiudicarsi lavori e avrebbero svolto un ruolo di mediazione e risoluzione delle controversie tra privati sostituendosi alle istituzioni.
La posizione di Nicolò Rizzo era legata a un incontro avvenuto in Comune con Francesco Domingo nel corso del quale il boss avrebbe chiesto al sindaco di Castellammare del Golfo un aiuto per individuare un immobile. Serviva ad una persona vicina al capomafia per aprirvi una casa di riposo.
Il sindaco aveva respinto ogni accusa già il giorno in cui ricevette l’avviso di garanzia e fu poi sentito in Procura a Palermo alla presenza dei suoi legali.