Un assistente della Polizia Penitenziaria è stato vittima, ieri, di un’aggressione nel carcere di Trapani, nel corso di un’ordinaria attività di servizio.
Un detenuto siciliano, noto per la sua indole riottosa, giunto innanzi alla sua camera di pernottamento, dopo aver fruito del passeggio, pretendeva che il poliziotto lasciasse la cancellata aperta. Alla risposta ovviamente negativa, il detenuto, all’improvviso, ha sbattuto cancello in faccia all’assistente, cercando di trascinarlo all’interno della cella.
A dare notizia dell’accaduto sono oggi i segretari di quattro organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria: O.S.A.P.P., SINAPPe, U.S.P.P. e CNPP/FSA.
Grazie al pronto intervento di un collega e anche di alcuni detenuti, sono state evitate conseguenze più gravi al poliziotto che è stato dimesso dal Pronto Soccorso dell’ospedale di Trapani con una prognosi di sei giorni, salvo complicazioni.
Sulla vicenda i rappresentanti sindacali commentano che “non può che evidenziarsi come la deriva in cui si trova attualmente il sistema penitenziario nazionale, e quindi siciliano, sia ormai a livelli insostenibili, e come, giornalmente, a causa di modelli di sorveglianza palesemente inadeguati ed inadatti alla situazione italiana, i poliziotti penitenziari siano inermi di fronte al dilagare della violenza perpetrata dai detenuti, rischiando seriamente, in mille e più occasioni, l’incolumità fisica e psichica”.
Secondo i sindacati “le politiche buoniste degli ultimi anni, il garantismo esasperato, l’assoluta delegittimazione dell’operato delle Forze dell’Ordine all’interno, ma anche all’esterno degli Istituti penitenziari, da parte degli organi di stampa e politici, unitamente alle scelte sbagliate dipartimentali in materia di vigilanza dinamica e regimi aperti, hanno condotto ad una situazione fortemente critica, risolvibile solo mediante un cambio radicale di strategia”.
“In questo scenario – prosegue la nota diffusa alla stampa – ciò che ci si aspetta è un’Amministrazione più attenta all’organizzazione dei singoli Istituti, sensibile alla prevenzione, e quindi alla predisposizione, nelle singole sedi, di livelli di sicurezza accettabili, ad una conoscenza più approfondita dei detenuti ristretti (soprattutto evitando la concentrazione, in pochi penitenziari, di detenuti allontanati per motivi di ordine e sicurezza) e, soprattutto, più consapevole della carenza di operatori negli organici del Corpo, e delle difficoltà dei poliziotti penitenziari nello svolgere le attività quotidiane, a causa degli eccessivi carichi di lavoro, i quali, paradossalmente, determinano financo procedimenti disciplinari”.
“Siamo i primi sostenitori delle norme costituzionali – dicono i sindacati della Polizia Penitenziaria – della finalità rieducativa della pena e delle opportunità che una detenzione deve offrire alle persone recluse, ma siamo anche i soggetti interessati, in primis, a curare gli interessi del personale del Corpo che opera negli Istituti penitenziari, dove è ormai evidente il fallimento totale della recente politica dell’Amministrazione: la sorveglianza dinamica, in particolare, ha accentuato l’insufficienza delle sole tecnologie nel garantire un adeguato sistema di controllo della popolazione detenuta, oltre alla discutibile gestione dei soggetti riottosi nell’ambito del territorio esclusivamente regionale”.
“La necessità di meglio ponderare e ricalibrare, a seconda delle tipologie di soggetti e delle effettive esigenze organizzative delle singole realtà, il sistema di gestione degli Istituti è prioritaria”, sottolineano i sindacati. “Respingiamo un’Amministrazione che si limita a registrare solo il numero dei posti disponibili o quello degli eventi critici negli Istituti penitenziari piuttosto che dare concreto sostegno ed apporto di risorse alle strutture in sofferenza, ovvero insistere presso gli Enti regionali e le competenti Autorità superiori penitenziari affinché, dopo il fallimento delle R.E.M.S., l’accoglienza e la gestione dei detenuti ‘psichiatrici’ sia assicurata all’esterno degli Istituti penitenziari e presso strutture specializzate e all’uopo deputate, anche per fornirà all’utenza detenuta nelle carceri italiane un’offerta trattamentale coerente agli standard europei: si pensi, ad esempio, ad un detenuto costretto a convivere nella stessa camera di pernottamento con un soggetto psichiatrico o, al contrario, un ristretto con problemi comportamentali senza l’aiuto di personale sanitario competente e specializzato”.
Le sigle sindacali chiedono alla provveditrice dell’Amministrazione Penitenziaria della Regione Sicilia,
Cinzia Calandraino, un confronto “finalizzato ad approfondire la materia, studiare e soprattutto adottare urgenti e definitive soluzioni in merito al grave stato della sicurezza negli Istituti penitenziari siciliani, particolarmente colpiti dal fenomeno”.
In mancanza di concreto riscontro, i sindacati anticipano la volontà di organizzare iniziative pubbliche “per dare voce alla grave crisi che ha colpito il sistema penitenziario siciliano, i cui fallimenti ricadono sull’incolpevole personale di Polizia Penitenziaria.